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sasso67
Reviews
Die bleierne Zeit (1981)
Anche i terroristi avevano una mamma
La Von Trotta narra, bene, i drammi personali che si svolgono in margine all'esperienza terroristica, che insanguinò la Germania, come l'Italia, negli anni Settanta del Novecento. Quello che sembra interessare alla regista è mettere in evidenza i conflitti ed i sensi di colpa derivanti dalla condizione borghese nonché i guasti conseguenti ad un'educazione eccessivamente rigida, tipica della famiglia tedesca. Soprattutto in un periodo nel quale i valori inculcati alle giovani generazioni venivano messi pesantemente in discussione dalla cultura prevalente nel periodo precedente ed immediatamente successivo al movimento del '68. Naturalmente, ogni singola persona reagiva agli stimoli sociali e culturali secondo la propria sensibilità: la ribelle Juliane mediante un femminismo radicale ma riformista, la cocchina di papà Marianne (attraverso la quale è adombrato il personaggio reale di Gudrun Ensslin) con le armi in pugno. E' brava, la Von Trotta, a filtrare i drammi di un'intera generazione, attraverso una grande umanità, con la quale sa mettere in luce il rapporto indissolubile tra sorelle, che non si spezza nonostante la diversità delle scelte ed i frequenti scontri e che prosegue anche oltre la vita, attraverso la principale vittima di questo dramma, che è il nipote della protagonista. Notevolmente brave le due interpreti Jutta Lampe e Barbara Sukowa.
Il boom (1963)
Occhio per occhio...
Difficile dire se questo film avrebbe potuto avere un protagonista diverso da Sordi, che in quel periodo stava vivendo il suo momento di maggior successo. Il fatto è che spesso, parlando di film come questo, si sopravvaluta il ruolo caratterizzante dell'attore romano, senza evidenziare che gli autori erano tali Vittorio De Sica e Cesare Zavattini. "Il boom" non è una semplice commediola, ma una vera satira di costume e non soltanto individuale: qui non si parla soltanto di Giovanni Al-berti, costruttore rampante senza un soldo, ma di una generazione di impresari senza scrupoli, pronti a mettere a sacco le città italiane e, come dice il commendator Bausetti (quello con un occhio solo, interpretato dall'ottimo caratterista Ettore Geri), e che vogliono «guadagnare in un anno quello che noi abbiamo guadagnato in cinquanta». Quella descritta, senza moralismi eccessivi, da De Sica e Zavattini forse non è l'Italia, ma è la Roma appena uscita dalla dolce vita e lesta a gettarsi nel boom, economico ed edilizio. E la parabola, se così si può chiamare, è ancora più significativa, dal momento che in origine la vendita dell'occhio doveva riguardare un proletario (qualcosa di simile realizzerà a metà anni settanta Scola con "Brutti, sporchi e cattivi"), mentre il copione finale si appunta su questo forzato della bella vita, genero di un generale e marito di una donna bellissima, cui mantenere il tenore di vita al quale ha abituato la propria famiglia e la cerchia di amici (appena incassato l'anticipo, si comprerà una decappottabile di lusso ed offrirà una cena luculliana), costerà letteralmente un occhio della testa.
Lo scapolo (1955)
Uno scapolo tutto d'oro (per il cinema italiano)
Nella copiosa produzione sordiana degli anni Cinquanta, non c'è che da scegliere i film preferiti. Un particolare rilievo l'hanno quei film che, grazie alla maschera di Sordi, sottolineano il rapporto di odio e amore del tipico maschio italiano dell'epoca con la donna e con il matrimonio. Abbiamo, così, "Lo scapolo", "Il seduttore", "Il marito" e "Il vedovo" (per qualche aspetto collaterale, ci sarebbe anche "Il moralista"). "Lo scapolo", film singolarmente congeniale anche al personaggio Alberto Sordi, oltre che al protagonista del film, è un piccolo gioiello che presenta sprazzi di comicità da antologia del cinema italiano da ridere. Basti pensare alla scena dal barbiere, all'incontro con il collega scapolone davanti al bar dove un quartetto d'archi suona il minuetto di Boccherini, a quello con Catina e i suoi fiamminghi, o alla strepitosa sequenza con la stiratrice al bar con televisore. Su tutto domina il genio comico e cinematografico del Sordi mattatore, reso consapevole dei propri mezzi espressivi a seguito della sua interpretazione nei "Vitelloni" felliniani. Non è, però, da sottovalutare l'apporto registico di un direttore raffinato come Antonio Pietrangeli, grazie al quale anche le figure femminili, che per forza di cose vengono passate in rassegna di fronte ai desideri dello scapolo, assumono dei contorni ed un vigore autonomi. Perfino Sandra Milo, all'epoca compagna del produttore Ergas, riesce a dipingere un ritrattino di tutto rispetto.
La notte di Pasquino (2003)
Povero Pasquino...
E' difficile spiegarsi come un regista glorioso qual è Luigi Magni possa aver girato un film così brutto. Come ha fatto l'autore di "Nell'anno del Signore" e di "In nome del papa re" a non accorgersi fino dalla lettura della sceneggiatura che questa roba non avrebbe potuto funzionare? Dispiace anche per due attori come Manfredi e Fiorentini, contornati da una muta di cani (fa eccezione il solo Piperno), senza un briciolo di capacità di recitare, quanto meno in un contesto come questo. Se la recitazione è orripilante, il copione non plausibile ed esageratamente zuccheroso, l'ambientazione posticcia, le scene d'azione fasulle (ma dove sono finiti i mitici cascatori italiani che si muovevano intorno a Bud Spencer e Terence Hill?), la regia è svogliata e sfiatata, molto più dei due anziani protagonisti. Forse neppure Renzo Martinelli, il flagello di dio, avrebbe saputo fare di peggio.
La corruzione (1963)
Bolognini da riscoprire
Il soggetto di Ugo Liberatore rimanda fin dal titolo, e poi nello sviluppo, a tematiche moraviane. La corruzione in questo film è una condizione pregnante, che pervade tutta l'atmosfera ed infetta, in misura diversa, tutti i personaggi, il cui grado di colpevolezza è misurato esclusivamente dal livello di consapevolezza. Il più innocente è, con ogni probabilità, il giovane magazziniere, accusato di un ammanco, passando ad Adriana, che sembra assolutamente ignara di fungere da strumento del meccanismo che tende ad incastrare nei suoi ingranaggi il giovane Stefano. Proprio quest'ultimo si pone a metà della scala della corruzione, a causa della sua consapevolezza nel cedere e nel non saper reagire adeguatamente al modello abietto che gli propone il padre. Il quale è il corruttore per eccellenza, il Mefistofele, che, liberatosi della moglie (costretta in un letto d'ospedale da una depressione ormai cronica), tenta tutti i metodi, dalla lusinga alla minaccia, dal denaro al sesso, per comprare chi gli fa comodo, suo figlio incluso. Il peggiore di tutti è Morandi, l'intellettuale "progressista", al soldo dello sfruttatore senza scrupoli, ma al tempo stesso troppo intelligente per non rendersi conto di essersi venduto per gli emblematici trenta denari. "La corruzione" è, secondo me, uno dei film migliori di Bolognini, per la sua asciuttezza, per la sua schiettezza nell'andare diritto al punto senza ghirigori intellettualistici, per la sua messinscena essenziale che non cede al vezzo (e stranamente molti dei critici che solitamente rimproveravano al regista l'eccessiva cura degli ambienti e dei costumi non hanno gradito questo lavoro senza fronzoli), per la sua capacità di anticipare il cinema pre-contestatario dei Bertolucci e dei Bellocchio, con un protagonista che non prende neppure in considerazione un gesto di ribellione eclatante, ma che vede come possibile reazione al modello corrotto incarnato dal padre unicamente la fuga dal mondo di una clausura in convento. Bolognini ed i suoi sceneggiatori Liberatore e Gicca Palli (che raramente troveranno in futuro un'ispirazione anche lontanamente paragonabile a quella di questo film) costruiscono tre o quattro personaggi sbozzolati piuttosto bene ed affidati ad interpreti di grande valore, a cominciare dal granitico francese Alain Cuny, per arrivare al meno caratterizzato – ma qui efficace – Jacques Perrin, fino all'assoluta rivelazione di una reinventata Rosanna Schiaffino. E peraltro "La corruzione" comincia con una sequenza a mio parere magistrale, dove il preside del collegio in cui ha studiato Stefano pronuncia, davanti agli studenti che lasciano l'istituto, un discorso di commiato di altissimo valore morale e culturale. Un discorso che, purtroppo, come dimostra tutto il film, è destinato a rimanere lettera morta ed a sbattere le sue fragili ali soltanto all'interno delle mura di collegi ed istituzioni scolastiche. Nella vita reale, comandano ancora gli squali.
He ni zai yi qi (2002)
How the East was won
So this is what is left of Chinese movies? Hopefully not, but this is a clear example of how a Chinese movie master can be led to make movies to satisfy the western taste. And "Together With You" becomes an annoying dejà-vu with fake characters and fake tears at the end. The plot is something we have seen lots and lots of times, and seeing once again, offered like it is a new masterpiece from an eastern Author is unbearable. The acting is generally awful, especially from Hong Chen, who plays the girl Lili. The music is good, maybe because it was not composed by Chen. Someone please stop Chen Kaige, the acknowledged master of "Farewell My Concubine", from throwing himself in the trash bin.
Roma città aperta (1945)
Masterpiece of movie history
A masterpiece of Italian Neorealism and a masterpiece in movie history. This movie is moving and never boring. The actors are all great, mostly due to the director's skill. A "must see" for every lover of true cinema.
Hana-bi (1997)
Violence and Morals
This is a very good movie. Hana-Bi owes something to Quentin Tarantino's style and violence, but also to Krzystof Kieslowski's morals (especially regarding the relationship of Nishi and his wife). And this makes Takeshi Kitano an original film maker.
Il partigiano Johnny (2000)
Not An Action Movie
This is a good movie, from the novel by Beppe Fenoglio, one of 20th Century masterpieces of Italian Literature. It wasn't easy putting this novel on film, but the director did quite a good job. It's not an action movie: it's more about Johnny asking himself what he's doing and why he's doing it and especially if what he's doing is right. I have seen this movie in anguish, because I had read the book before and I knew the end.
Emma (1996)
Overacting Essay
How good is Gwyneth Paltrow! This is the right movie for her... too bad she's completely out role. I haven't read the book by Jane Austen, but I can't believe it is so superficial and the characters aren't much more than caricatures. It wasn't probably that easy to reduce in 2 hours of show about 600 pages of the book, but I had expected more than just seeing old pieces of furniture and tea cups. I was taking a sigh of relief every time I saw an actor who didn't overstep the mark of overacting (a couple of times).
Avanti! (1972)
Let's talk about Sacco & Vanzetti
"Let's talk about Sacco and Vanzetti" says the italian director of the hotel when Ambruster Jr. asks "Is this the way the justice works in Italy?". Yes, you have to know someone's brother in law to make things work in Italy, but no innocent will end on the electric chair at least. After all, Italy "is an emotion", as Miss Piggott says. This is not the best film by Billy Wilder, but you have to see it just for Jack Lemmon's performance. I already miss Jack Lemmon (July 1, 2001).